sabato 5 ottobre 2013

Pensieri rivolti a Sud

Stasera sento un insopportabile freddo dentro il cuore: è il peso di più di 300 persone che sono affogate fuori dalla porta di casa mia.
Perché il mio Paese è casa mia.
Non voglio nascondere la testa sotto la sabbia di fronte a questa responsabilità e credo che tutti noi, il mio Popolo, il mio Stato, siamo complici di questa tragedia, di quelle passate e di quelle che saranno.
E ce ne saranno altre! Moriranno altre centinaia, migliaia di persone perché il mio Popolo ha paura.
Ammettere le nostre mancanze e tentare di risolverle implicherebbe una presa di coscienza talmente profonda da risultare insostenibile; un'incoerenza che ci porta ad incolpare gli altri e a rifiutarli condannandoli a morire.

Insieme a questa tragedia mi è piombata addosso una verità, come un'illuminazione: non ci è più consentito  rimanere neutrali.
Avere trent'anni nel 2013, credetemi, è una bella gatta da pelare. Siamo nel mezzo di un tornado e ci sforziamo di tenere insieme i pezzi delle nostre vite e di quelle degli altri.
Siamo la generazione della mediazione e del compromesso, ma non dobbiamo permettere che questo ruolo ci zittisca.
Non preoccupatevi, questo blog non diventerà un blog di politica, ma credo che se una persona decide di vivere la sua vita consapevolmente automaticamente fa politica.
Non fatevi fuorviare dalla politica dei partiti, quello è solo un modo di fare politica (che tra l'altro non si adatta a me), parlo della politica del quotidiano, che non è solo di chi ne fa un mestiere: la politica dell'indignazione, la politica delle azioni concrete, la politica dell'ascolto, dell'attenzione all'altro, del voto e della consapevolezza (non mi stancherò mai di dirlo), sono dovere e patrimonio di tutti.
Siamo tutti responsabili di quanto è successo a Lampedusa. Siamo responsabili perché siamo stati distratti.

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